Visto che VUOTO e PIENO sono spesso aggettivi relativi, determinati dalla personalità e dalle influenze di chi qualifica qualcosa, per rappresentare il mio concetto di vuoto e pieno ho deciso di fotografare la mia camera (urgeva una consegna veloce). Facile, mi sono detta. Difficile, mi ripetevo nel momento in cui la svuotavo. E mentre preparavo quell’angolo per le foto accatastavo oggetti (utili, inutili, belli, brutti, grandi, piccoli) sul pavimento. Il pavimento è diventato pieno (avrei dovuto forse fotografarlo) e quell’angolo di camera è rimasto vuoto, non vuoto del tutto (l’arredamento l’ho lasciato lì!), ma VUOTO delle mie cose: ricordi, emozioni, letture, visioni, portafortuna e svuota tasche, fiori finti irrimediabilmente senza profumo e soprammobili vari. Cosa ne era risultato? Nulla, a mio avviso, la mia camera era per me ovviamente vuota, spoglia, insignificante. Di contro, nelle foto scattate nella “situazione originaria” quell’angolo della mia camera risultava completamente diverso, PIENO di cose, disordinato, colorato, non vi era più spazio per nient’altro zeppo com’era.
Dopo alcune prove, mentre scattavo, ho realizzato il pensiero che la mia camera non aveva comunque alcun significato senza l’elemento che la rende viva e utile: ME. Io ho riempito di oggetti lo spazio, l’ho colorato e l’ho personalizzato, così è diventato il mio spazio, la mia casa, la mia camera. Ho constatato, sperimentando, quale fosse per me l’idea di spazio VUOTO e di spazio PIENO: la mia camera, una parte della mia camera, privata dei miei effetti personali è vuota, non rappresenta nulla di me; lo stesso angolo di camera si completa e prende forma con i miei oggetti e infine con me stessa risultando pieno, persino pieno del mio disordine. Il più delle volte è la nostra percezione visiva a rendere uno spazio VUOTO o PIENO.
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